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Da sapere

In elettronica con il termine circuito stampato, anche conosciuto come PCB, si intende una tipologia di componente elettrico utilizzato per la realizzazione dei moderni circuiti elettronici come ad esempio schede elettroniche.

Sigle identificative
Nel campo industriale italiano molti si riferiscono al Circuito Stampato con la sigla "CS". La sigla "PCB", più internazionale, sta per "Printed Circuit Board"; meno spesso si usa anche la sigla sinonima "PWB", che sta per "Printed Wiring Board". A volte (ma erroneamente) viene chiamato "PCB" anche un circuito elettronico completo, cioè costituito da un circuito stampato completo dei componenti elettronici già saldati.
Funzioni

Questi circuiti stampati vengono adibiti alle seguenti funzioni:
collegamento elettrico tra i vari componenti elettronici, in modo da costituire un vero e proprio circuito elettrico propriamente detto;
supporto meccanico per i componenti e gli accessori (dissipatori, connettori, ecc...), in modo da costituire un sistema nel quale ogni componente trova una precisa posizione geometrica. Inoltre la lavorabilità meccanica del supporto consente la sagomatura dei bordi (mediante fresatura o tranciatura) in modo da consentire l'alloggiamento meccanico del circuito stampato in contenitori anche di forma complessa.
Tipologie di circuito stampato

A seconda del tipo di substrato e di processo produttivo, il circuito stampato può essere definito meccanicamente:
"rigido"
"flessibile"
"rigido-flessibile" costituito da parti rigide collegate tra loro da sezioni flessibili.
A seconda del numero degli strati conduttivi presenti nel circuito stampato il processo produttivo diventa progressivamente più complesso e costoso. In base alla complessità tecnologica, proporzionale al numero di strati, si parla di:
"monofaccia" o "monorame" (un solo strato conduttivo)
"doppia faccia" o "due strati" (due strati conduttivi)
"multistrato" (nella maggior parte delle applicazioni di numero compreso tra 4 e 8 strati, ma è possibile anche realizzare 20 o più strati)
Nei circuiti multistrato il numero di strati conduttivi in teoria è a scelta, ma normalmente essi sono presenti in numero pari, e difficilmente vengono realizzati in numero dispari. Gli strati sono anche denominati con il termine inglese "layers".
I circuiti stampati

Un circuito stampato rigido a doppia faccia si compone di un substrato solido, piano e di spessore costante costituito da materiali aventi caratteristiche più o meno spinte di autoestinguenza. Questi materiali sono detti "materiali di base”, esistono in una vasta gamma di varietà e si distinguono essenzialmente per la diversa rigidità dielettrica, capacità di resistere alle elevate temperature. Su entrambe le facce esterne del substrato viene applicato, con un forte collante termoadesivo composto da tessuto di vetro impregnato di resina, uno strato di rame laminato avente spessore costante e predeterminato, per lavorazioni di schede speciali si possono utilizzare spessori di rame da 5 µm e 140 µm. La piastra così ottenuta viene forata per consentire il futuro passaggio dei terminali passanti dei componenti elettronici e soprattutto per realizzare il collegamento elettrico tra i piani superiori ed inferiori. Per ricavare dal piano pieno di rame l'insieme dei soli collegamenti necessari, si esegue l'asportazione chimica selettiva del rame in eccesso. Il collegamento elettrico tra lo strato di rame superiore e quello inferiore avviene attraverso la metallizzazione di tutti i fori precedentemente realizzati, ovvero vengono metallizzati sia i fori dove successivamente verranno inseriti i vari componenti, sia appositi fori (detti "fori di vias") realizzati appunto al solo scopo di collegare lo strato superiore a quello inferiore; questo è reso possibile da un delicato processo di deposizione galvanica di rame detto "processo di metallizzazione". Uno dei processi più diffusi prevede la successiva deposizione di un metallo; questo ulteriore strato di metallo funziona da "metal resist", cioè protegge il rame depositato. Le parti delle due facce esterne di rame non destinate alla successiva saldatura dei terminali dei componenti, i quali verranno poi montati sul circuito stampato, vengono protette dall'ossidazione e dai contatti elettrici indesiderati con una vernice isolante. Infine si procede alla eventuale stampa di scritte, diciture, disegni e altre indicazioni sul circuito stampato. Al fine di garantire che il circuito stampato non presenti anomalie elettriche, al termine di tutte le lavorazioni il circuito stampato viene testato elettricamente per verificare la funzionalità elettrica. Negli ultimi anni si è diffusa una tecnologia sull'intero spessore del circuito stampato, bensì di fori cosiddetti ciechi, i quali connettono una delle facce esterne a uno degli strati interni, quindi vengono praticati a profondità controllata sull'asse Z del circuito. Questa tecnica permette di ottenere una più alta densità di connessioni per unità di superficie e diventa quasi inevitabile quando il progettista voglia montare sul circuito stampato componenti elettronici di ultimissima generazione. I fori ciechi di piccola dimensione vengono realizzati mediante un laser di precisione.
Tecnologie di montaggio dei componenti sul circuito stampato
THT/PTH

La tecnologia tradizionale viene chiamata "THT" (= through hole technology) o anche "PTH" (=Pin Through Hole) in quanto prevede l'utilizzo di componenti dotati di lunghi terminali metallici da infilare in appositi fori del circuito stampato. Trattenuti in sede da una colla successivamente rimovibile, i componenti vengono poi saldati alle piazzole (e al foro le cui pareti sono normalmente metallizzate per rafforzare la tenuta meccanica del componente) mediante una breve massiva esposizione ad una lega saldante fusa (metodo di saldatura "ad onda"). In pratica il circuito stampato con i componenti già posizionati viene fatto lentamente scorrere sulla cresta di un'onda fissa di lega saldante fusa creata artificialmente in un apposito crogiolo. Nel caso di circuiti con fori metallizzati la lega saldante aderisce ("bagna") alle piazzole di rame e ai terminali metallici dei componenti, e risale lungo il foro metallizzato bagnandone le pareti e il terminale, fino ad arrivare a bagnare correttamente anche la piazzola di rame superiore. Solitamente la tecnologia con fori metallizzati viene impiegata solo per un numero di strati uguale o superiore a 2. Nel caso di circuiti a singolo strato (monofaccia), tecnologia ad oggi del tutto obsoleta e relegata ad apparati di bassissimo costo e scarsa complessità, è normale non impiegare la metallizzazione dei fori se non espressamente necessario.
SMT

A partire dagli anni '60 e '70 è stata sviluppata e poi introdotta una tecnica chiamata Surface Mounting Technology (SMT), che prevede il montaggio di componenti appositamente progettati direttamente a contatto della superficie del circuito stampato. I componenti (SMD, Surface Mounting Device) sono progettati per avere il minimo ingombro e peso possibile, ed i contatti sono costituiti dalla metallizzazione delle estremità dell'oggetto, oppure da corte terminazioni metalliche sporgenti. Un componente SMD può avere un ingombro pari ad un decimo di un componente tradizionale e costare, compreso il montaggio, fino ad un quarto.
Scheda a montaggio superficiale
Questa fondamentale tecnologia ha consentito una vera e propria rivoluzione industriale nel mondo dei circuiti elettronici ed ha preso gradualmente il sopravvento dalla fine degli anni '80 in poi, infatti rispetto alla tecnologia tradizionale PTH, essa garantisce i seguenti vantaggi:
dà la possibilità di utilizzare potenti e veloci macchine automatiche per collocare i componenti sul circuito stampato (posizionatrici Pick&Place, che possono arrivare a posare fino a decine di migliaia di componenti/ora), riducendo l'incidenza della manodopera e quindi consentendo una maggiore produttività ed una maggiore qualità;
consente di saldare i componenti elettronici alle pads tramite un processo termico (detto "a rifusione" o "reflow") molto più controllabile e meno stressante di quello usato per i componenti tradizionali (saldatura "ad onda"); Per poter effettuare questo tipo di saldatura è necessario collocare una quantità molto precisa di pasta saldante tramite processo serigrafico sulle piazzole di rame (dette "pads"), prive di fori, e sulla superficie delle quali si appoggeranno e ancoreranno i terminali di componenti;
la mancanza di foratura di fissaggio dei terminali dei componenti e della necessità di avere una corona di ancoraggio per le saldature attorno a detti fori consente di usare componenti molto più miniaturizzati e con terminali molto piccoli, riducendo drasticamente le dimensioni degli apparecchi elettronici e il costo dei materiali necessari per produrre circuito e componenti;
riduce il numero di fori da praticare sul circuito stampato in quanto non sono più necessari i fori per alloggiare le terminazioni dei componenti. Restano necessari invece i fondamentali "fori di vias" sopradefiniti e spesso, anche dei componenti di connessione, che essendo sottoposti a trazioni durante il loro azionamento, non reggerebbero lo sforzo senza essere fissati attraverso saldature passanti il circuito stampato.
Le tecnologie più recenti hanno consentito di realizzare anche connettori e componenti di potenza in SMT, e quindi il montaggio di circuiti totalmente SMT per applicazioni in cui è necessario ridurre notevolmente gli ingombri (tipicamente telefonia cellulare e apparati consumer portatili).
Prima del posizionamento del componente occorre depositare uno strato sottile di pasta saldante in modo selettivo sulle piazzole destinate alla saldatura; ciò si ottiene normalmente per serigrafia, ossia spatolando (normalmente con macchine automatiche) la pasta saldante attraverso le aperture di uno stencil metallico giustapposto aderente al circuito stampato. La pasta saldante è costituita da una miscela di microsfere metalliche aventi una precisa distribuzione statistica di diametri (cosiddetto "tipo" della pasta), miscelate in proporzioni tali da costituire - una volta fuse assieme - una ben precisa lega. L'insieme delle microsfere viene tenuto aggregato in forma pastosa grazie alla tensione superficiale di un liquido chiamato flussante, la cui funzione è anche quella di disossidare le superficie metalliche mediante la propria vaporizzazione durante il processo di saldatura.
I componenti SMD vengono commercializzati in confezioni adatte al prelievo automatizzato; in particolare si usano bobine a nastro continuo (reel) di diverso diametro per i componenti più piccoli, stecche in plastica conduttiva per i circuiti integrati di dimensioni medie e vaschette a celle per quelli di grandi dimensioni come le memorie e i microprocessori. Negli ultimi anni anche queste due ultime tipologie di confezionamento stanno cedendo progressivamente il passo alle reel, anche per componenti di dimensioni importanti. Una macchina automatica (posizionatrice Pick&Place) preleva i componenti dalle confezioni mediante apposite testine ad aria aspirante, e li depone con precisione nella loro collocazione finale sul circuito stampato in base ad un programma di lavoro estrapolato dal sistema CAD/CAE con cui è stato disegnato il master del circuito stampato. I componenti sono in genere trattenuti nella loro posizione fino alla fase di saldatura dalla viscosità della pasta saldante sottostanti ai terminali del componente; in alcuni casi particolari come nel caso di montaggio di componenti su entrambi i lati del circuito (sia sopra che sotto) si può anche utilizzare un punto di colla pre-depositata sul circuito stampato (normalmente mediante processo serigrafico o manualmente con apposite siringhe), di solito questo metodo viene utilizzato per i componenti più pesanti. Il circuito così completo di componenti viene collocato su un nastro trasportatore che lo immette in un apposito forno elettrico suddiviso in zone di preriscaldo (pre-heating), refusione (reflow) e raffreddamento (cooling), dove la temperatura e la ventilazione possono essere regolate con grande precisione e secondo ben determinati profili, alcuni forni arrivano anche a 24 zone, suddivise in 12 TOP (lato superiore) e 12 BOT (lato inferiore): per mezzo del nastro trasportatore il circuito avanza lentamente nel forno attraversando aree con temperature via via crescenti. Superato il punto di fusione della lega saldante, la pasta saldante rifonde e aderisce alle superficie metalliche scoperte, realizzando così il giunto saldante vero e proprio tra il circuito stampato i e componenti elettronici. In seguito il circuito attraversa zone a temperature calanti per consentire un graduale raffreddamento dei materiali.

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